Fatalità

Questa storia dovrebbe parlare di Teo, che quella mattina del 13 settembre, attraversò la strada che separava la fermata dell'autobus dall'ufficio e dalla tanto agognata promozione.

Dovrebbe parlare di come, ottenuta la promozione, Teo corse da Lidia con un mazzo di rose blu-chimico in una mano ed una scatola di cioccolatini pralinati  nell'altra, per darle la bella notizia.

Dovrebbe parlare di come lei pianse di gioia e del successivo matrimonio, possibile solo grazie ai soldi in più.

Dovrebbe parlare di quando riuscirono a comprare un'auto, un seggiolino per il sedile posteriore. Di come riuscirono ad ottenere un mutuo e dentiere indistruttibili.

Sì, questa storia dovrebbe parlare di tutto questo, ma non sarà così, perché Teo non attraversò mai la strada.

Eppure fu prudente: guardò sia a destra che a sinistra prima di muovere il primo passo.

Fu allora che un elicottero gli cadde in testa.

Pillole d'ansia

Sono stata una bambina, un’adolescente e una giovane adulta molto felice. Arrivata alla tesi di laurea ero molto soddisfatta della mia vita: avevo un fidanzato davvero premuroso, un’ottima media universitaria ed una famiglia molto unita.
Ma, ahimè, ero gravemente malata.
Era una malattia davvero insolita per l’epoca in cui vivevo, si chiamava “Tranquillità”. Sembra che avessi una grave carenza di ansia nel mio sistema psicologico. Tra i vari sintomi, risultavo portatrice della temutissima “Calma Innata”.
Ovviamente, ciò influiva in modo molto negativo su ogni aspetto della mia vita, avevo infatti grave carenze sia dal punto di vista scolastico che da quello dei rapporti umani.
Il professore con cui avrei dovuto preparare la tesi, mi vide così calma che mi diede da studiare lunghissimi trattati sull'ansia: antica, moderna e contemporanea.
I miei preoccupati genitori, cercarono di aiutarmi nutrendomi di ansia. Pane, burro ed affanno per colazione, pasta con aglio, olio ed apprensione a pranzo e alla sera lasagne di inquietudine, altrimenti non facevo gli incubi.
Tuttavia, colui che soffriva di più per la mia grave malattia, era il mio ragazzo. Non ero una brava fidanzata, mi sarei dovuta preoccupare molto di più: essere più gelosa, più apprensiva e più asfissiante. Era così abbattuto per queste mie mancanze che una sera mi regalò una bellissima scatola di velluto a forma di cuore, con all'interno tante piccole ansie.
Nessuno però, arrivati a quel punto, riusciva ad agitarmi o a farmi perdere la mia serenità. Fu allora che i miei genitori mi portarono dal medico, l’unico in grado di somministrarmi qualcosa che avesse un vero effetto, ormai il tempo delle cure omeopatiche era terminato!
Il medico rimase davvero sbalordito dalla mia calma, perciò mi prescrisse pillole d’ansia, da prendere almeno tre volte al giorno e sempre prima dei pasti. La cura durò per oltre un anno.
Ora, sono lieta di annunciare che gli sforzi congiunti della mia famiglia, del mio ragazzo, del sistemo universitario e di quello medico, sono riusciti a rendermi una persona ansiosa! Non sono più né tranquilla, né calma, né rilassata, quindi posso dire di essere finalmente sana!

San Valentino

Era il giorno di San Valentino. La piccola Fiammetta era decisa a conquistare il cuore del proprio amato, Marino.
La mattina si svegliò presto, infilò le ciabatte pelose e preparò dei biscotti al cioccolato, che poi ripose con cura in una scatoletta di latta.
Il pomeriggio uscì risoluta, con i biscotti bruciacchiati che sbattevano dentro allo zainetto di scuola. Quando arrivò davanti alla porta di casa del suo amato, bussò decisa e rimase in attesa. Marino uscì e non appena la vide, sbuffò alzando gli occhi al cielo. Fiammetta arrossì.
«Cosa vuoi?» chiese lui a braccia conserte.
Fiammetta gli allungò con le mani tremanti la scatoletta dei biscotti. Lui gliela strappò brusco, la aprì con un gesto irritato, talmente maldestro che i biscotti caddero a terra. Li guardò alzando un sopracciglio, poi guardò Fiammetta e senza dire niente le restituì la scatoletta di latta.
«Allora, cosa vuoi?» ripeté lui, incrociando di nuovo le braccia. Fiammetta guardò impassibile i biscotti a terra, tremando un poco, poi si guardò i piedi.
«Il tuo cuore…» rispose, stringendo tra le mani la vuota scatoletta di latta. Marino spalancò la bocca e rise diabolico, senza rispondere.
«Se tu non vorrai donarmelo, dovrò conquistarlo» continuò lei, alzando lo sguardo su di lui.
«E come pensi di fare?»
Senza muovere un solo muscolo facciale, Fiammetta lo colpì alla testa con la scatoletta di latta, una volta, due volte, tre, quattro, cinque, finché il suo amato non perse i sensi.
Fiammetta aprì piano lo zainetto di scuola, estrasse le forbici dalla punta arrotondata che usavano in classe e gli squarciò il petto.
Quando gli ebbe tirato fuori il cuore, lo mise nella scatoletta di latta.
Fiammetta era felice per aver conquistato il cuore del suo amato.

La maialina vanitosa

La vanità di Gloria la maialina
le fece passare una brutta mattina,
da due loschi individui si lasciò ingannare
e solo per fortuna riuscì a scappare.

Molto tempo fa, nel Villaggio dei Maiali, viveva una maialina molto graziosa di nome Gloria. Era considerata la maialina più carina del Villaggio e anche di tutti i villaggi vicini.
Aveva una magnifica pelle liscia e rosa, come un pesca, delle zampette tutte minute e un bel naso tondo e tenerello, la coda arricciata come nemmeno il migliore dei cavatappi e dei bellissimi occhi vispi.
Quando passeggiava per la strada tutti si voltavano a guardarla, quando parlava tutti i suoi milioni di innamorati pendevano dalle sue labbra e, se per caso capitava che posasse il suo sguardo su qualche maialino, quello diventava subito tutto rosso per la vergogna e scappava a nascondersi.
Aveva imparato molto presto di essere graziosa. Fin da quando era una maialina da latte i suoi parenti suini l’avevano fatta crescere a pane e complimenti, ma così tanto che da grandicella i complimenti erano quasi più importanti del pane. Cosa assai strana per un maiale!
Quando usciva di casa stava ben attenta ad essere sempre in ordine: si sistemava la pelle, la codina e le orecchie in modo che fosse tutto perfetto ed usciva a caccia di lusinghe.
Quando passeggiava con le amiche, si metteva sempre davanti per essere vista prima di tutte. Teneva il muso ben alzato e zampetta dopo zampetta camminava in modo che tutti si voltassero a guardarla.
Le amiche cercavano sempre di metterla in guardia e le dicevano: “Gloria, cara Gloria, vedrai che essere così vanitosa non ti porterà niente di buono! Devi diventare un po’ più umile!”. Ma Gloria non le ascoltava, anzi le liquidava con un gesto stizzito della bella coda a cavatappi e diceva: “Taci tu, cosa ne vuoi sapere? La vostra è solo invidia”. Ed un po’ era vero.
Accadde però che un giorno in cui Gloria non aveva incontrato nessuno che le facesse i complimenti, si spinse molto oltre il vecchio recinto del Villaggio, in ricerca disperata di un poco di adulazione. Non poteva proprio rimanere tutto il giorno senza!
Camminò nel grande prato fino a che il Villaggio dei Maiali non fu soltanto un piccolo puntino all'orizzonte. Ma vagando qui e là, non si era accorta di essere seguita da due Bipedi. E non due Bipedi qualsiasi, ma proprio due brutti ceffi scappati di prigione! Uno era alto, grasso e con la barba lunga e molto folta, il secondo invece era basso e magro, con gli incisivi così sporgenti da farlo assomigliare ad un castoro.
Avevano molta fame e sulla strada non avevano trovato ancora nulla da mangiare, perciò quando da lontano videro la maialina tutta sola, decisero che sarebbe stata il loro prossimo pasto. La osservarono gironzolare e dopo aver discusso su come catturarla, il Bipede castorino, che era anche il più intelligente dei due, disse che sarebbe stato meglio avvicinarla con l’inganno per poi acchiapparla.
I due maligni quindi, si avvicinarono alla bella Gloria, ma piano per non farle paura, ed il barbuto esclamò: “Ma guarda qui che porcellina bella e graziosa! Ti sei persa?”.
Gloria rimase lontano dai due brutti Bipedi, ma a sentirsi dire “bella e graziosa” si era tutta lusingata e aveva alzato il bel muso verso i due furfanti. Raggiante per i complimenti rispose: “Ma che razza di domande! E’ ovvio che non mi sono persa! Sono solo uscita dal recinto del Villaggio per farmi una passeggiata.”
“Ma una maialina così carina non dovrebbe girare tutta sola.”
“So cavarmela benissimo, grazie.” rispose Gloria sbattendo le ciglia.
Allora il farabutto con la faccia da castoro, che aveva capito che Gloria era molto vanitosa, le disse: “Ma guarda che bella codina tutta ondulata! Non ho mai visto un ricciolo più bello!”. E Gloria si gonfiò tutta per l’orgoglio, ma rimase lontana dai due delinquenti.
“E che belle orecchie, sono così ovali, proprio perfette!” incalzò l’altro farabutto.
“Oh ma la ringrazio!” rispose lei gongolando.
“E che zampette piccole e delicate, non ne ho mai viste di così belle!”
“Addirittura?”
“Ma certo! E che pelle delicata, sembra fatta con petali di rosa!”
“Ma voi scherzate...”
“Assolutamente no! E che nasino incantevole, sembra una scultura!”
Insomma, le dissero così tanti complimenti, che alla fine Gloria pendeva dalle loro labbra e, senza accorgersene, si era avvicinata sempre di più ad ogni complimento, tanto che ormai i due Bipedi avrebbero potuto acchiapparla con un balzo. Ed infatti il più grosso dei due, dopo un segnale del castoro, con un balzo le fu sopra e la immobilizzò.
Povera Gloria, proprio non immaginava che due esseri tanto adulatori potessero essere anche due malvagi criminali, e per lo più affamati!
Si mise a piangere mentre la legavano e li pregò di lasciarli andare, ma i due si misero a ridere e quello basso disse: “Cara porcellina, dovevi imparare ad essere meno vanitosa!”
“Ma io non vi ho fatto niente di male.”
“ Proprio così, sei stata solo molto sfortunata, ma se tu fossi stata più furba non sarebbe successo.”
Il più alto se la caricò in spalla ed insieme la portarono sulla cima di un colle, dove la posarono per poi allestire uno spiedo. Gloria non aveva smesso un attimo di piangere e di pregarli, ma loro non si erano lasciati intenerire dalle sue lacrime.
I due brutti ceffi però non riuscivano ad accendere un fuoco, infatti erano sprovvisti sia di accendino che di fiammiferi, allora il barbuto prese due pietre ed iniziò a fregarle, il castoro si irritò: “Stupido! Così non accenderai proprio un bel niente!” disse, poi gli strappò le pietre dalle mani e si misero a bisticciare su come accendere il fuoco, dando le spalle alla povera Gloria. Allora la maialina, che si era accorta che i due Bipedi maligni l’avevano portata sulla cima di un piccolo colle, capì che avrebbe potuto provare a rotolare giù. Infatti, con tutte le zampette legate non poteva sicuramente correre, ma dondolandosi piano, piano sulla schiena, facendo meno rumore possibile, era riuscita a girarsi. Ripetendo piano la stessa operazione riuscì ad arrivare fino al bordo del colle, a quel punto trattenne il fiato e si lasciò cadere.
Rotolò come fosse dentro una botte,  velocissima, schiacciandosi il muso, le zampe, le orecchie, ingoiando erba, urtando sassolini e schiacciando animaletti.
Quando arrivò in fondo vide che i nodi che la tenevano legata si erano consumati e poi sciolti, allora iniziò a correre. E corse, corse, corse  fino a che non vide spuntare all'orizzonte il Villaggio dei Maiali, e non si fermò quando si scheggio una zampetta, e nemmeno quando urtò un sasso in mezzo all'erba. Corse fino a quando non arrivò alla staccionata che divideva il pacifico Villaggio dal resto del mondo.

Così la maialina Gloria tornò a casa
e di una nuova lezione era persuasa:
ci si caccia in guai assai spinosi,
ad essere troppo vanitosi!


P.S: "La maialina vanitosa" fa parte di un progetto personale più ampio, in collaborazione con: http://massitruzzi.blogspot.it/  :)